Osteopatia e stretching

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Osteopatia e stretching

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Lo stretching è una metodologia di allenamento che si basa su esercizi atti ad allungare la muscolatura e a migliorare la flessibilità articolare.

Questa forma di allenamento è sempre stata associata al rilassamento, a qualcosa che aiuta a stare bene e a diminuire i dolori e la tensione muscolare.

Sarà veramente così?

ANATOMIA

“L’osteopatia è anatomia, anatomia e ancora anatomia!”

A.T Still creatore dell’osteopatia.

Ogni volta che proviamo ad allungare un muscolo applichiamo forza sulle unità funzionali della muscolatura, i sarcomeri. In realtà il muscolo non si allunga, ma si allontanano i filamenti che compongono il sarcomero. In fisiologia questo allontanamento è consentito fino ad una certa soglia.

In uno degli scorsi articoli vi ho parlato della fascia e ho descritto come questa struttura avvolge molte componenti dell’organismo, compreso il muscolo.

Quando noi allunghiamo un muscolo è proprio il sistema fasciale che può entrare in tensione, creando quella sensazione di rigidità muscolare/articolare che tutti hanno sperimentato.

Su cosa agisce lo stretching dunque?

Oltre ad agire sui sarcomeri e sulla fascia, agisce su particolari recettori presenti nei muscoli: i fusi neuromuscolari e gli organi tendinei del golgi.

Questi 2 recettori partecipano a 2 riflessi molto importanti e complicati, cerchiamo di riassumerli.

I fusi neuromuscolari sono situati parallelamente alle fibre muscolari e, se quest’ultime si allungano in maniera eccessiva, il fuso manda un segnale al midollo spinale per far contrarre il muscolo stesso (si accorciano le fibre). Questo meccanismo prende il nome di riflesso miotatico o riflesso da stiramento. Vedremo in seguito come lo stretching agisca su di esso.

Gli organi tendinei del golgi sono situati nella giunzione tra muscolo e tendine, essi misurano la quantità di tensione del tendine e quindi indirettamente anche la contrazione muscolare. Sono in grado di inibire la contrazione muscolare in specifiche condizioni. Il loro obiettivo è quello di mantenere una tensione media. In sostanza se il vostro organismo si accorge che state esagerando a sollevare un peso, allora cercherà di bloccare il movimento inibendo la contrazione a scopo protettivo.

Infine lo stretching agisce anche a livello nocicettivo, ossia sul dolore. In pratica con l’allenamento potrebbe aumentare la soglia del dolore e questo è il motivo per cui man mano sentirete meno dolore andando ad eseguire lo stesso esercizio.

TIPI DI STRETCHING

  • Stretching passivo/statico:

Partiamo dal più conosciuto e utilizzato. L’obiettivo è quello di raggiungere una determinata posizione in cui allungare il muscolo target e rimanere fermo sfruttando la forza di gravità o determinati movimenti. Possiamo inoltre farci aiutare da una seconda persona a mantenere certe posizioni e a forzarle leggermente, in questo caso si chiamerà stretching assistito.

  • Stretching balistico

Non si utilizza molto, in quanto si è osservato essere abbastanza pericoloso. Infatti l’obiettivo di esso è raggiungere una determinata posizione e poi iniziare a molleggiare. Questo fa sì che si attivi ogni volta il riflesso da stiramento (visto in precedenza).

  • Stretching dinamico

Prevede movimenti di allungamento ad alte velocità, come negli slanci, agendo così su muscoli e tendini. Ovviamente deve essere effettuato con attenzione e previo riscaldamento.

  • Stretching CRS (Contrazione Rilassamento Stretching)

Il meccanismo prevede una contrazione isometrica del muscolo per 10/15 secondi, un riposo di circa 6 secondi e infine un successivo allungamento.

  • Stretching PNF (Facilitazione Neuromuscolare Propriocettiva)

In questo caso si inizia con un allungamento massimale raggiunto lentamente, in seguito si chiede una contrazione isometrica (dalla stessa posizione) di circa 20 secondi, si rilassa il muscolo per circa 6 secondi e infine si allunga nuovamente per almeno 30 secondi.

Esistono ulteriori tipi di stretching, ma questi sono i principali.

Per ognuno di questi ci sono indicazioni e contro indicazioni e momenti in cui farlo o non farlo.

I BENEFICI DELLO STRETCHING

  • Lo stretching è utile per il recupero muscolare, ma non sempre. Infatti dopo una seduta di allenamento il muscolo è stato sottoposto a stiramenti e tensioni e quindi a microtraumi. Ulteriori tensioni potrebbero essere causate dallo stretching, soprattutto se intenso. Inoltre post allenamento abbiamo bisogno di un miglior afflusso di sangue per recuperare, ma lo stretching tende a vaso-costringere, limitando il recupero.

  • Sappiamo che l’allungamento muscolare migliora la mobilità articolare oltre che l’elasticità muscolare. Questi miglioramenti si riflettono sull’intero organismo, che sarà in gradi di muoversi liberamente senza restrizioni e di conseguenza migliorerà la circolazione (linfatica e sanguigna). Una buona circolazione mantiene le articolazioni sane e previene l’invecchiamento tissutale.

  • Un altro beneficio dello stretching è la prevenzione dagli infortuni. Questo è particolarmente vero quando lo si utilizza nel modo giusto. E’ intuibile che la muscolatura rigida, disequilibri muscolari, articolazioni poco mobili, possano portare a maggior rischio di traumi muscolari e articolari. Lo stretching può aiutare, ma se utilizzato in maniera scorretta potrebbe anche aumentare il rischio.
    Facciamo un esempio. Vi ricordate dei fusi neuromuscolari? Ne abbiamo parlato prima, essi partecipano al riflesso da stiramento, fondamentale per prevenire gli infortuni. Ebbene dopo circa 6”-10” di stretching passivo la risposta dei fusi tende a diminuire e in quel momento siamo più vulnerabili. Di conseguenza se immediatamente dopo iniziassimo ad eseguire esercizi ad elevata intensità, i riflessi non sarebbero in grado di proteggerci. Ecco che lo stretching potrebbe essere controproducente.

  • Per concludere parliamo di forza e performance. In generale possiamo dire che lo stretching aumenta la performance. Abbiamo visto che tra i benefici c’è una migliore circolazione, aumento di mobilità ecc… tutto questo migliora indirettamente la performance. Tuttavia non è così semplice. Senza entrare troppo nei dettagli, il sarcomero (unità funzionale della muscolatura) ha una sua lunghezza di base, in questo modo i fusi neuromuscolari sono sempre leggermente in tensione. Essa può variare grazie all’allenamento e ad altri fattori (ad es. infortuni). A seconda della lunghezza si potrà esprimere più o meno forza! Una tensione di base media ci farà esprimere una forza ottimale, mentre una lunghezza eccessiva diminuirà questa capacità.

Riassumendo possiamo dire che a seconda di quale sia la nostra performance non è detto che lo stretching possa portare benefici.

CONSIGLI PRATICI

Il mio consiglio è sempre di rivolgervi ad un esperto, ma se volete cimentarvi da soli allora vi darò qualche suggerimento:

osteopatia-stretching-allungamento
  • Nello stretching passivo arrivate alla posizione di massimo allungamento gradualmente e poi mantenetela per almeno 45”/1’. Sotto questo range non avrete grandi risultati.
  • Il massimo allungamento non deve essere eccessivamente doloroso e neanche troppo facile da mantenere.
  • Aiutatevi con la respirazione. Essa è fondamentale per il ricambio di ossigeno e quindi per la muscolatura. Potete inspirare per circa 3 secondi ed espirare per circa 4 secondi.
  • Nello stretching passivo possiamo fare da 1 a 3 serie, non c’è una regola precisa.
  • Potete fare 2/3 sedute settimanali, ma anche in questo caso non c’è una regola precisa.
  • Lo stretching passivo è utile per il recupero muscolare, quindi può essere utilizzato post allenamento, ma in modo leggero, oppure in sedute a parte. Meglio non utilizzarlo prima di allenamenti o prestazioni.
  • Lo stretching attivo è meglio utilizzarlo come aggiunta al riscaldamento, ma non come primi esercizi.
  • Il PNF e il CRS sono molto utili per la riabilitazione, ma anche per atleti, in quanto consente di esprimere forza durante posizioni di massimo allungamento.

OSTEOPATIA

Lo stretching è un’arma fondamentale per l’osteopata sia da utilizzare direttamente durante il trattamento, sia da insegnare per eseguirlo in autonomia.

Durante il trattamento osteopatico lo stretching non riguarda solo i meccanismi visti prima, ma anche tecniche sui tessuti molli, come il semplice massaggio o le tecniche a energie muscolari, agiscono come stretching sul tessuto e hanno ulteriori indicazioni e meccanismi di beneficio.

Riccardo Bagagli
Osteopata, Chinesiologo, Massaggiatore sportivo, Preparatore atletico

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